Palermo chiama Italia in memoria di Falcone e Borsellino
Il 23 maggio 1992 moriva il giudice “del pool antimafia” Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta (Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro), per mano di “Cosa Nostra”. A distanza di tanti anni, quel giorno è rimasto crocevia della storia.
Chi ha avuto la ventura di vivere quel giorno, infatti, non l’ha più dimenticato. Cosa sia accaduto, ce lo ha spiegato, allora in anteprima, la giornalista Angela Buttiglione che, nell’intervallo dello spettacolo televisivo “Scommettiamo che…” presentato da Fabrizio Frizzi e Milly Carlucci, è andata in onda con l’edizione straordinaria del Tg1-Rai1 ed ha annunciato quella che sarà poi chiamata “la strage di Capaci”.
Occhi puntati sull’autostrada A/29 che collega Punta Raisi a Palermo (nella località di Isola delle Femmine nei pressi dello svincolo di Capaci), diventata un cratere spaventoso che ha inghiottito le auto e le vite del magistrato Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca, e dei tre uomini di scorta, saltati in aria, con quelli che si pensa siano stati – stando alla testimonianza del procuratore distrettuale antimafia Pietro Giammanco – circa mille chili di tritolo. L’esplosivo è stato fatto brillare a distanza, probabilmente da un commando molto numeroso, che certamente poteva contare su degli informatori che a Punta Raisi hanno dato la notizia dell’arrivo a Palermo del giudice, il quale tornava nella sua città quasi ogni fine settimana.
Il magistrato palermitano Paolo Borsellino, saputo dell’uccisione del caro amico e collega Falcone, riportò ai giornalisti l’espressione che una volta il poliziotto Ninni Cassarà (che cadrà vittima della mafia il 6 agosto dell’85) ebbe a dirgli: “Convinciamoci che siamo cadaveri che camminano”. Borsellino continuava a credere, fermamente, però, così come lo stesso Falcone aveva fatto, che fosse un dovere morale continuare tutti insieme il cammino nella lotta alla mafia “senza lasciarsi condizionare dalla sensazione o finanche dalla certezza che ciò potesse costar caro”. Ed anche lui, coi cinque agenti della sua scorta (Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano) sarà assassinato per conto di “Cosa Nostra”, nella “strage di via d’Amelio”, il 19 luglio 1992, a distanza di appena qualche mese da Falcone.
In occasione del XXIII anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, tanti saranno gli studenti che si ritroveranno, in alcune piazze italiane: Milano, Reggio Emilia, Rosarno (Reggio Calabria), Napoli e Firenze, oltre che Palermo e Corleone. E’ stata la scelta del Ministero dell’Istruzione e della Fondazione Falcone che dal 2004 organizzano l’evento, al fine di far testimoniare agli studenti la loro volontà di non delegare al puro ricordo e alla sola Palermo la comprensione del fenomeno politico-criminale e di quest’importante e drammatica storia italiana, che unisce comunità e cittadine nelle quali purtroppo le mafie sono sbarcate e hanno messo radici.
Le cerimonie ufficiali nel capoluogo siciliano avranno come tema “Palermo chiama Italia – riprendiamoci i nostri sogni”. E’ previsto un corteo (ore 15.30) che da via D’Amelio giungerà fino all’albero di Falcone, in via Notarbartolo. Alle ore 16 partirà un secondo corteo dall’Aula Bunker (ove si terrà l’evento più importante di tipo istituzionale con la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e sarà trasmesso in diretta RAI) sempre verso l’albero di Falcone, dove alle 17 si ricorderà il magistrato. Alle 17.58 seguirà un momento di silenzio.
Un momento altrettanto importante avrà luogo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo, e sarà dedicato agli studenti universitari – di Palermo, Catania, Foggia e Milano – che hanno collaborato con la Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone”.
Tutti insieme concordi nel pensare che “aprire finestre sulle mafie”, a Palermo o anche lontano dal capoluogo di provincia, significhi formare più profondamente la coscienza nazionale verso una lotta comune: quella contro il racket, la mafia, le estorsioni, l’illegalità diffusa.
Affinché «si possa rendere migliori le nostre città, un pezzo per volta, cominciando da noi. Perché, come ricordava proprio Giovanni Falcone parlando di contrasto alle mafie, possiamo sempre fare qualcosa. Basta cominciare». (Cfr. Gianni Bianco, Giuseppe Gatti, La Legalità del noi. Le mafie si sconfiggono solo insieme, Città Nuova, pp. 13-14).